venerdì 30 luglio 2010

Testo integrale intervento On. Marco Fedi, Camera dei Deputati, 27 luglio 2010


MARCO FEDI. Signor Presidente, le segnalo – anche se penso la cosa interessasse più la Presidenza Buttiglione – che interverrò nel merito di ben 11 emendamenti che portano la mia firma, e 2 di questi portano la mia prima firma; e mi riservo fin d’ora di poter chiedere di consegnare un testo scritto, ove superassi i tempi che sono stati assegnati.
Svolgerò, naturalmente, alcune considerazioni di carattere generale.
Una considerazione utile e necessaria: la manovra economica che il Governo ha predisposto con il decreto-legge n. 78 del 2010, che la maggioranza si appresta a convertire in legge con l’ennesimo voto di fiducia, rappresenta la sconfitta della linea governativa che, per mesi, ha sostenuto la tesi dell’invincibilità nazionale rispetto alla crisi economica che si accingeva, invece, ad attanagliare il mondo, l’Europa e l’Italia. Il miglior ottimismo è quello dell’azione, Governo e maggioranza hanno fatto, però, davvero poco per metterci in condizione di uscire prima dalla crisi con l’unico vero e possibile canale d’uscita, cioè favorendo la crescita e la ripresa economica. In questa manovra c’è davvero poco. L’opposizione può legittimamente dire che aveva ragione; riconosce, allo stesso tempo, con questa vittoria politica e morale, la necessità di una manovra e ne riconosce anche l’urgenza, ma non questa manovra, non con questi contenuti. Una necessità ed urgenza che, in questo caso, sono entrambe risultato di una stasi del Governo che è durata troppo tempo, di una sottovalutazione che persiste, di una carenza di prospettive e di investimenti che porterà ad ulteriori ritardi sul fronte della ripresa e dello sviluppo. Avremmo voluto una necessità ed un’urgenza legate alle ragioni dello sviluppo e degli investimenti per le imprese, per le famiglie, per il mondo del lavoro.
Si tratta di una manovra che, secondo Governo e maggioranza, è realistica ed equa. Signor Presidente, se qualcuno ti dice che sta per prendere una decisione realistica, capisci immediatamente che sta per fare qualcosa di brutto. A ciò si aggiunge la certezza, ora matematica – ce lo dicono le cifre della presente manovra – che questa non è una manovra equa, perché mette, infatti, le mani nelle tasche degli italiani, ma di quelli più deboli.
Inoltre, non è una manovra certamente federalista – lo ricordo ai colleghi della Lega Nord Padania – dato che i tagli lineari sono una misura da Stato centralista.
Quando prendiamo una decisione dobbiamo sempre pensare alle conseguenze che essa avrà sugli altri. Avreste dovuto pensare alle conseguenze che sarebbero derivate da alcuni maxi-interventi, come l’esonero ICI sulla prima casa, misura anti-federalista, poiché ha eliminato una tassa comunale senza restituire ai comuni quelle risorse, ed iniqua, perché ha favorito i proprietari di prima casa a scapito di chi una casa non ha e, probabilmente, in questo clima, in queste condizioni economiche di oggi, aspira ad avere, ma non potrà avere mai. Ed ha fatto risparmiare briciole a coloro che avevano già diritto alle detrazioni, anche all’ulteriore detrazione ICI che, ricordo, era stata introdotta dal Governo Prodi.
Invece, ha fatto risparmiare ingenti somme a chi ha abitazioni di alto valore. Vi è poi la madre di tutte le iniquità, cioè l’esclusione dei residenti all’estero dall’esonero ICI; oltre all’intervento Alitalia, assolutamente protezionistico e statalista.
È sempre facile decidere quando non si ascoltano o si guardano con attenzione le alternative. Governo e maggioranza avevano alternative, avevano altre soluzioni da adottare. Lo dobbiamo dire con chiarezza, da opposizione responsabile quale siamo: avete ignorato le nostre proposte alternative, avete voluto fare le scelte sbagliate, che arrivano, con questa ennesima offesa al Parlamento ed al Paese, attraverso un voto di fiducia che serve unicamente allo scopo di tenere salda la maggioranza che, altrimenti, cadrebbe a pezzi. Serve a limitare il dibattito nel tentativo di far decadere le ragioni della minoranza che, invece, sono negli emendamenti che abbiamo presentato. La minoranza ha sempre ragione quando dall’altra parte vi è mancanza di ascolto ed ha ragione da vendere quando sostiene le battaglie dei più deboli, pensionandi, coloro che si accingono ad andare in pensione, lavoratori dipendenti, anche pubblici, oggi penalizzati, e le proteste dei cittadini de L’Aquila – voglio ricordare che sto intervenendo anche per alcuni colleghi eletti all’estero che sono oggi, con il gruppo del PD, a manifestare la solidarietà ai cittadini de L’Aquila – perché ancora poco si sta facendo. Sosteniamo le proteste del settore pubblico, dalle forze dell’ordine agli insegnanti, dai vigili del fuoco alla guardia di finanza, dal personale delle nostre pubbliche Amministrazioni, al settore privato, ai lavoratori della FIAT e dell’indotto FIAT, dai lavoratori in cassa integrazione fino ai disoccupati, per non parlare dei giovani in cerca di prima occupazione. A questo mondo che, oggi, richiama fortemente anche i parlamentari dell’opposizione, per un’attenzione vera ai problemi del nostro Paese, voi avete risposto con l’ennesimo voto di fiducia.
L’unica differenza, signor Presidente, è che noi ascoltiamo, mentre questo Governo e questa maggioranza sono diventati insensibili all’ascolto. La nostra proposta avrebbe fatto pagare a tutti una parte dei costi della ripresa economica, una ripresa che voi allontanate con questa manovra, una ripresa che andava costruita con incentivi, con progetti infrastrutturali, con il sostegno all’economia reale e quindi alle famiglie e al lavoro e tassando i tanti, troppi profitti speculativi che grazie alla crisi crescono (è una bolla speculativa che davvero dovrebbe spaventarci tutti). Signor Presidente, la manovra è profondamente iniqua perché prevede tagli brutali, che colpiranno i diritti dei cittadini, dei lavoratori, degli studenti, dei pensionati, delle micro e piccole imprese; pesanti sono i tagli ai trasferimenti a regioni, province e comuni.
Il Governo aveva assicurato che non avrebbe nuovamente toccato il settore delle pensioni e della previdenza, mentre queste sono al centro della manovra finanziaria del Governo. Le novità introdotte con il decreto-legge n. 78 del 2010 avranno un peso tutt’altro che marginale, anche per gli italiani all’estero. L’allungamento dell’età pensionabile, dell’età in cui si potrà andare in pensione, è talvolta consistente: questa novità interessa anche i pensionandi residenti all’estero. La pensione sarà più lontana, sia quella di vecchiaia sia quella di anzianità e interesserà chi matura i requisiti a partire dal 2011.
Dal 2011 si aboliscono le finestre attuali ed entra in vigore la finestra unica mobile. La nuova decorrenza per le pensioni di vecchiaia e di anzianità dei lavoratori dipendenti è fissata a 12 mesi dopo il momento in cui si raggiungono i requisiti, mentre quella dei lavoratori autonomi è fissata a 18 mesi dopo il momento della maturazione dei requisiti. Quindi, rispetto alle norme vigenti i lavoratori dipendenti andranno in pensione dai 7 ai 9 mesi più tardi, mentre per i lavoratori autonomi la maggiore attesa sarà dai 10 ai 12 mesi. In pratica l’età pensionabile per la vecchiaia dei lavoratori dipendenti sale a 66 anni per gli uomini e 61 per le donne. I lavoratori italiani all’estero, al compimento del sessantacinquesimo anno di età non avranno, come invece avverrà per i lavoratori in Italia, l’opportunità di rimanere occupati, ma dovranno cessare il lavoro e non potranno ottenere la pensione italiana se non con la nuova finestra e quindi con un forte ritardo. La manovra economica Tremonti introduce poi una novità sul recupero degli indebiti contributivi e pensionistici, con un meccanismo di esproprio su beni immobili e mobili nei confronti di coloro i quali devono restituire un debito. Altra durissima azione nei confronti di una fascia sociale debole della nostra società, i pensionati, e particolarmente dura nei confronti dei residenti all’estero, che avranno notevole difficoltà a tutelare i propri interessi. La questione ICI interessa tutti coloro che hanno una casa in Italia: il decreto legge n. 93 del 2008, convertito dalla legge n. 126 del 24 luglio 2008, sulla salvaguardia del potere d’acquisto delle famiglie, ha abolito l’ICI sulla prima casa, ma ha escluso da questa norma i residenti all’estero, che sono invece tornati a pagare l’importo pieno dell’ICI, essendo state abolite anche le detrazioni introdotte dal Governo Prodi. L’Agenzia delle entrate ha smentito interpretazioni di esponenti della maggioranza, che ipotizzavano una sorta di capacità decisionale dei comuni su questo tema. Non è possibile interpretare una norma che è chiara ed esclude, non per errore ma per scelta, i residenti all’estero. In ogni decreto economico-fiscale e in ogni legge di bilancio abbiamo provato ad apportare emendamenti e il Governo ha preso generici impegni a ripensare questa norma, ma fino ad oggi è tutto immutato. È stata presentata, a questo proposito, anche una proposta di legge per estendere l’esonero ICI anche ai residenti all’estero, firmata dai deputati del PD eletti all’estero e sottoscritta anche da esponenti della maggioranza. Analogamente le detrazioni fiscali per carichi di famiglia introdotte dal Governo Prodi ed estese anche ai residenti all’estero scadono il prossimo anno e necessitano di una proroga o del definitivo inserimento nel panorama fiscale italiano. Il Governo ha preso impegni con numerosi ordini del giorno e siamo in attesa di un riscontro politico a questa esigenza, che è molto sentita.
Signor Presidente, su questi temi abbiamo presentato una serie di emendamenti, tesi a dare risposta ad alcune delle questioni che riguardano le comunità italiane nel mondo. Per gli italiani all’estero la musica non è cambiata e non vi è accenno alcuno a qualche variazione sul tema: confermati i tagli con l’assestamento di bilancio, nessun recupero di risorse o segnali positivi da Governo e maggioranza, nessun segnale di attenzione.
È una politica di soli tagli, senza investimenti e senza riforme. È questo il giudizio che abbiamo espresso con riferimento all’approvazione del Rendiconto generale dello Stato e dell’assestamento di bilancio.
I segnali sono davvero molto preoccupanti. Da un lato, vi è la bocciatura da parte della maggioranza di proposte emendative del Partito Democratico tendenti a recuperare risorse per la Direzione generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie in due settori fortemente a rischio, come la promozione e la diffusione della lingua e della cultura italiane nel mondo e l’assistenza ai connazionali indigenti; dall’altro lato, vi è un’intera stagione di soli tagli inaugurata dal Governo Berlusconi. Dopo tagli e tagli, attendevamo un segnale positivo, almeno, con l’assestamento di bilancio. Sarebbe stato un segnale di vicinanza agli italiani nel mondo più deboli, che rischiano di pagare un prezzo altissimo per la crisi economica, e nei confronti dei quali chiediamo unicamente l’affermazione del principio della parità di trattamento. Sarebbe stato un segnale di attenzione anche in vista della manovra economica, che tornerà a penalizzare il Ministero degli affari esteri, con la logica dei tagli lineari e le misure sul pubblico impiego, e le comunità italiane nel mondo, sia con i tagli ai capitoli di bilancio, che con la riduzione degli investimenti sulla rete diplomatico-consolare. La penalizzazione riguarderà anche il comparto previdenziale con le nuove finestre, che per i residenti all’estero si tradurranno in un vero e proprio innalzamento dell’età pensionabile. Il giudizio politico sulla manovra economica approntata dal Governo, quindi, è nettamente negativo, perché si tratta di un provvedimento che dimentica una parte importante dell’intervento dello Stato nell’economia reale di un Paese: gli stimoli alla ripresa, lo sviluppo e la crescita.
È vero che oggi è più difficile di ieri fare sviluppo e garantire la crescita e le ripresa, ma è stata la sottovalutazione iniziale dell’impatto della crisi finanziaria sull’economia italiana ad aver causato tanti danni, ed è stato un grave errore da parte del Governo. Oltre alle scelte concernenti l’esonero ICI per la prima casa e la vicenda Alitalia, in sostanza, avete fatto scelte strategiche antifederaliste, antisviluppo e anticrescita, stataliste nella forma e nella sostanza, fatte di tagli lineari e di riduzione degli investimenti, ed avete colpito, in modo particolarmente severo, il Ministero degli affari esteri.
Oggi paghiamo il dato storico della nostra spesa per il Ministero degli affari esteri: una spesa largamente insufficiente a realizzare una vera politica internazionale, una percentuale di prodotto interno lordo ampiamente inadeguata, a cui si aggiungono i tagli, ormai, anch’essi storicizzati, che hanno colpito il Ministero degli affari esteri nella sua complessa organizzazione. Essi hanno colpito la cooperazione internazionale allo sviluppo e la nostra presenza in Europa e nel mondo, con una particolare attenzione negativa nei confronti delle comunità italiane nel mondo.
Le conseguenze negative della manovra economica sul Ministero degli affari esteri sono molteplici: concernono le misure che riguardano il settore del pubblico impiego, con il blocco del turnover e dei trattamenti economici; riguardano i tagli alla formazione, particolarmente rilevanti per l’aggiornamento informatico della rete diplomatico-consolare; riguardano i tagli lineari. Le conseguenze della manovra si rifletteranno, con drammatiche conseguenze, anche sulla proposta di riforma del Ministero degli affari esteri. Signor Presidente, le nostre proposte emendative si prefiggono di dare una risposta a questi problemi, si propongono di riportare attenzione positiva e propositiva sul rapporto con le comunità italiane nel mondo. Tali proposte sarebbero arrivate all’esame dell’Assemblea, auspicando e chiedendo un pronunciamento positivo della maggioranza e, quindi, un segnale di vicinanza nei confronti dei nostri connazionali. Un segnale di vicinanza agli italiani più deboli del mondo, che rischiano di pagare un prezzo altissimo per la crisi economica, verso i quali chiediamo, quindi, attenzione. Ciò con la consapevolezza che la prossima manovra finanziaria continuerà con i tagli, senza una vera strategia di riforme e, soprattutto, con la peggiore linearità che ha contraddistinto l’azione del Governo.
Signor Presidente, siamo preoccupati anche per le forti riduzioni ai contributi volontari nell’area dei diritti umani, in particolare, per quanto riguarda i programmi specifici realizzati da altri organismi internazionali, come l’Alto commissariato per i diritti umani, l’Alto commissariato per i rifugiati, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ed altre agenzie delle Nazioni Unite che dipendono da fondi volontari.
Per l’Italia, non è solo una questione di credibilità internazionale, stante anche gli impegni assunti in sede di G8 e G20, ma anche di coerenza, con le raccomandazioni per l’adeguamento legislativo e l’adozione di norme e protocolli internazionali a tutela dei diritti umani e contro la tortura.
I tagli ci consegneranno un Ministero degli affari esteri che subirà un ulteriore ridimensionamento della rete diplomatico-consolare, in assenza di una vera strategia di innovazione e soprattutto, in assenza di una vera strategia di servizio nei confronti dei cittadini italiani nel mondo. Una rete già oggi insufficiente a rispondere alle esigenze di cittadini, imprese e autonomie locali nella fase di internazionalizzazione del nostro Paese. Compiti, competenze, obblighi, servizi in continua crescita ed espansione qualitativa, ed anche quantitativa e risorse umane, finanziarie e tecnologiche in continua drastica riduzione.
Non crediamo sia possibile continuare su questa strada, con il forte rischio di cancellare anche il lavoro fino a qui svolto di costruzione di un nuovo rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione improntato all’innovazione tecnologica. Con il rischio di ridurre a mero esercizio propagandistico il consolato digitale e ridurre a esercizio di tagli contabili la stessa riforma del Ministero degli affari esteri. Scatenare una guerra tra diplomatici, personale di ruolo, personale a contratto non farà bene alla rete e al nostro sistema di rappresentanza consolare e diplomatica. Il mondo politico, anche con coloro i quali hanno responsabilità di Governo e non solo, bene farebbe a tessere le fila di un lavoro comune tra le varie categorie che operano presso la nostra rete diplomatico-consolare senza privilegiare gli uni a scapito degli altri. Per queste ragioni, signor Presidente diremo un chiaro « no » a questo Governo e voteremo contro questa manovra economica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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