martedì 24 settembre 2013

ABOLIRE LA CIRCOSCRIZIONE ESTERO SIGNIFICA TORNARE AL PASSATO.

La risposta dell’on. Marco Fedi alle considerazioni del Consigliere CGIE, Mario Bosio, sulla proposta di riforma costituzionale della Commissione dei quaranta.

Caro Bosio,
La ringrazio per il fatto che, nonostante le differenze di orientamento politico, Lei consideri i parlamentari del PD eletti all’estero possibili interlocutori delle persone che, come Lei, guardano con attenzione e preoccupazione agli italiani all’estero. Con la stessa chiarezza con cui Lei si è rivolto a noi, mi permetta però di dirLe che vedo nella Sua riflessione un pregiudizio che andrebbe superato. Cerco di spiegarmi.
La decisione di "creare" la circoscrizione estero, dando risposta con essa all’esigenza dell'esercizio in loco del diritto di voto, fu presa grazie ad un accordo tra tutte le maggiori forze politiche e parlamentari, con il pieno sostegno pieno dell'On. Tremaglia.
Ho sempre pensato, e ripetuto innumerevoli volte, che se anche oggi si rimettesse in discussione la circoscrizione Estero, lo Stato italiano dovrebbe comunque garantire l'esercizio in loco del diritto di voto.
Gli stessi saggi lo dicono, anche se non specificano come. L'abolizione della circoscrizione Estero, infatti, non introduce alcun altro sistema di voto in loco ed è per questa ragione che abbiamo criticato i saggi, i quali motivano l’eliminazione della circoscrizione proprio con il non positivo funzionamento del voto per corrispondenza. Essi non offrono un'idea alternativa e parlano di problemi che nulla hanno a che vedere con la qualità della rappresentanza e tutto a che vedere, invece, con le modalità di voto, che possono essere migliorate o anche radicalmente modificate intervenendo sulla legge ordinaria 459 del 2001.
Della qualità della rappresentanza, invece, si occupa molto Lei.
Mi consenta di dire che credo non sia giusta la sua critica a una legge che prevede la parità di trattamento tra personale di ruolo e a contratto su temi fondamentali, anche questi costituzionalmente riconosciuti, come i diritti sindacali. Parla, inoltre, di una litigiosità che non è mai uscita dalle logiche della diversità di idee e di giudizio politico: normali per chi fa politica! Se ci comportassimo diversamente cadremmo in quella logica della riserva indiana che Lei sembra accettare, vale a dire del silenzioso accoglimento di un ruolo inferiore, nella qualità e quantità della nostra rappresentanza. Noi abbiamo sempre pensato, invece, che le nostre comunità nel mondo abbiano bisogno sì di chiarezza di idee e di proposte serie e sensate, ma senza rinunciare alla pari dignità della rappresentanza e alla parità di trattamento. Non abbiamo chiesto privilegi ma il riconoscimento di diritti.
Anche nell’ipotesi del voto in loco per i collegi italiani, non dovremmo cessare di chiedere che i futuri candidati, eletti anche grazie al nostro voto, si impegnino per la parità di trattamento. Una parità che oggi deve significare poter accedere a servizi consolari efficienti e vicini, a un sistema pensionistico giusto e degno, a diritti  sindacali e trattamenti equi tra personale dei consolati, alla parità sull'IMU e sulle detrazioni fiscali per carichi di famiglia, a investimenti adeguati su scuola, cultura e assistenza.
Mi creda, Bosio, non è per nostra responsabilità se si rischia di tornare ai momenti più oscuri della storia delle nostre comunità, ma di una classe politica e dirigente nazionale ancora oggi impreparata a comprendere il potenziale enorme rappresentato dagli italiani nel mondo.
Cordiali saluti,
Marco Fedi

Deputato eletto Circoscrizione Estero

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